lunedì 13 gennaio 2014

Monte Rite: luogo della memoria, per sempre nel cuore e nella mente.


L'estate del 2011 e' stata parecchio ricca ed intensa per me, sia sul piano lavorativo che su quello personale. Con la troupe ci siamo trasferiti a Cibiana di Cadore - sul Monte Rite- in provincia di Belluno, a quota 2183 m. E quella che ai tempi della Grande Guerra fungeva da caserma militare, si e' tramutata in nostra dimora. 

Tre mesi al contempo meravigliosi e duri. Ci siamo ritrovati in cima ad un altopiano raggiungibile soltanto dopo aver percorso sette km di sentiero tutto tornanti, realizzato un secolo fa con sangue e sudore di mani delicate e forti: quelle delle donne locali, i cui compagni erano impegnati sul fronte. 
L'aria rarefatta (e ho provato pure a fare jogging...pazza!), con intorno il Nulla ed il Tutto piu' assoluti allo stesso tempo: un' esperienza da provare ad ogni costo. E starci (per lavorare) non e' stato certo una vacanza, ma sicuramente un buon modo per mettersi alla prova e temprare lo spirito. Aggiungiamoci il freddo beffardo (ha nevicato a luglio), e le evidenti difficolta' presenti nella quotidianita': freddo freddo freddo! E i problemi di comunicazione (soltanto un gestore telefonico riceveva). 



 Eppure ne e' valsa la pena. Sfruttare il pochissimo tempo libero per salire ed esplorare pochi metri sopra la nostra nuova casa era il modo migliore per rilassarsi ed essere colti dalla sorpresa di rimanere completamente senza fiato, presi in un vortice di sensazioni profonde che ti fanno sentire parte di qualcosa di grande, sensazioni che ricorderai per una vita intera.


Un "qualcosa" di totale insomma. Per non parlare di quando era notte ed il cielo era una stella pulsante unica. Caratteristica di questa montagna, sconosciuta ai piu', e' proprio il fatto di essere al centro delle Dolomiti: il visitatore si ritrova quindi circondato a 360 gradi da meravigliose cime (tra le piu' celebri il Pelmo ed il Civetta)...e riconoscerle diventa un gioco, sembrano quasi delle sagome, finte.




                                                                                Insomma l'occhio viene ben ripagato dopo la fatica della lunga passeggiata (tra le due e le quattro ore a seconda dell'andatura), e nel nostro caso chi ne traeva giovamento era lo spirito, messo a dura prova dal nuovo contesto montano e dalle mancanze "tecnologiche" (allestire uno studio di montaggio non e' stato proprio una passeggiata!).

E non e' tutto. Notate quella struttura che sicuramente simbolizza le cime dolomitiche? Trattasi del Messner Mountain Museum, il Museo nelle nuvole. Nato dall' intuizione dell'alpinista Reinhold Messner che ha saputo riconoscere l'unicita' del luogo (non c'e' da stupirsi) e trasformare un forte militare in un luogo di pace dedicato ora alla cultura dell'alpinismo e nello specifico all'elemento roccia.

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Vetro e ferro in contrasto eppure ben integrati nell' ambiente dolomitico

Riflesso del Sassolungo di Cibiana.



Natura, sport, storia e cultura tutte in uno, non a caso il Monte Rite ogni anno accoglie migliaia di turisti ed appassionati di montagna.
Oltre ad essere apprezzata per i vari sentieri escursionistici tappezzati nella bella stagione da fiori e fiorellini colorati (i piu' attenti troveranno anche le rare, morbidi ed intoccabili Stelle alpine) presenti sulla sommita' dell'altopiano, questa montagna e' famosa per una peculiarita'.

Impronte di yak.



Gli yak.  

Messner, dall'alto della sua esperienza e conoscenza in fatto di montagne, ha avuto la quantomeno stramba idea di portarsi dal Tibet alcuni yak e dare vita cosi ad una mandria che dalla primavera all'estate pascola in quest'area. Se all'inizio erano pochi esemplari, nell'anno in cui noi eravamo li sono diventati piu' di sessanta. Buffi, pelosi e piccolini piu' che dei bovini sembrano delle capre (sono molto agili)...e dal pascolo al piatto il salto e' breve. Io pero' non ho voluto avere il piacere di assaggiarne la carne (piu' magra) che cucinata in maniere diverse costituisce una piatto tipico locale.  
Non sono mancate a causa di questi animali le avventure, alcune anche con risvolti pericolosi. Essendo originari del Tibet (quote molto piu' elevate) e' quasi certo che i 2183 metri del Rite sono troppo pochi per loro e, forse per il caldo, spesso i gradi in piu' danno alla testa provocando incursioni verso i turisti un po' troppo audaci (una signora si e' rotta una gamba cadendo!). Per quanto riguarda me, seppur attratta da una certa tenerezza della loro figura, cio' che dominava era la paura e ogni volta che li incontravo sul mio cammino facevo dietrofront ricordandomi di avere improvvisamento altro di piu' urgente da fare! 




E per gli yak siamo andati vicini alla morte pure noi, ne sono certa. Stavamo girando una puntata sui sentieri e le escursioni quando all' improvviso sopra le nostre teste e' passato un elicottero: uno yak si e' spaventato e mettendosi a correre ha dato inizio alla fine. In pochi secondi l'intera mandria correva sbuffando nella nostra direzione. Panico e totale assenza di risposta da parte delle gambe. Il cervello diceva corri ma non riuscivamo a muoverci. Un collega e' corso da una parte, io ho brancato l'altra collega e l' ho portata dalla parte sbagliata, proprio verso il precipizio! Ero paralizzata, non so come ma siamo riuscite a girarci e correre correre correre dalla parte giusta e senza neanche pensarci buttarci da due metri di altezza. Un male alle ginocchia...ma almeno eravamo vive. Dopo questo terrore puro abbiamo deciso che per quella giornata era sufficiente e ci siamo presi il giorno libero. Quante avventure... 
Non sembrano degli yak in fila? 

E per concludere, essendo questo un post legato al ricordo dell' estate 2011 trascorsa in un luogo dei ricordi, voglio ricordare uno dei personaggi che abbiamo intervistato in cima a questo monte. 

Il grande fotografo Mario de Biasi

Originario di queste terre, grande fotografo e fotoreporter, de Biasi e' conosciuto a livello mondiale per i suoi reportage e per i ritratti fatti a grandi dive come Marlene Dietrich e Brigitte Bardot. Aveva 89 anni in quest' intervista se ricordo bene, ma era arzillo e pieno di vita come un ragazzo e ancora nel pieno dell'attivita' professionale. Alla fine ha voluto pure arrampicarsi fino al museo per scattare una foto, e io ho avuto il grande onore di farne una a lui con la sua storica macchina fotografica!
Ciao Mario! 



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